Impatti e ricadute sugli oltre sessanta paesi coinvolti nel progetto
Dino Gavinelli, professore ordinario di geografia e presidente della Scuola di Scienze della Mediazione linguistica e culturale presso l’Università degli Studi di Milano, ci porterà lungo i percorsi delle nuove reti che connettono Asia ed Europa con una conferenza dal titolo: “Le nuove vie della seta percorsi locali e scenari globali“.
La Via della Seta, aperta per iniziativa dell’impero cinese degli Han nel II secolo a.C., metteva in comunicazione tra loro Cina, Asia centrale, impero romano e Africa. Nel corso dei secoli gli scambi e i contatti tra queste varie regioni si intensificarono a tal punto da delineare diversi percorsi commerciali e culturali che avevano come punti di partenza e di arrivo da un lato le città della Cina centrale e orientale e dall’altro le città poste sulle coste del Mar Mediterraneo, del Mar Rosso e dell’Africa orientale.
A partire dal XV secolo le Vie della Seta iniziarono lentamente a perdere di importanza a causa della politica di isolamento e chiusura avviata dagli imperatori cinesi della dinastia dei Ming, della crescente insicurezza dei loro percorsi che attraversavano territori politicamente instabili, dell’apertura di nuove rotte marittime tra Europa e Asia con la circumnavigazione dell’Africa, della scoperta delle Americhe che spinse le potenze europee a guardare, per i propri commerci e per l’approvvigionamento di materie prime, non solo verso Oriente ma anche in direzione di quel Nuovo Mondo.
Da qualche anno, da diversi soggetti operanti nei più disparati settori (nei mass media, in politica, in economia, nell’accademia, ecc.) i termini di New Silk Road Initiative, One Belt One Road (OBOR), Belt and Road Initiative (BRI) sono usati con frequenza crescente per indicare quel vasto programma di realizzazione infrastrutturale (autostrade, strade, ferrovie, strutture portuali e aeroportuali, oleodotti e gasdotti, servizi di telecomunicazione) e per sottolineare quell’aspirazione alle nuove forme di cooperazione transfrontaliera e transnazionale a cui sembrano puntare numerosi attori politici e economici di diversi continenti, in particolare di Asia, Europa e Africa.
In queste azioni molti vedono una sorta di continuità, pur se su nuove basi, con la storica Via della Seta; una rivitalizzazione e un’espansione che puntano a favorire i commerci, le reti lunghe dei trasporti e delle materie prime tra le città costiere di tre continenti. Le pianure euroasiatiche stanno in questo modo lentamente ritrovando la loro naturale funzione di collegamento bidirezionale tra Est e Ovest anche se le carenze infrastrutturali, le strozzature lungo i diversi percorsi, il terrorismo e la pirateria, l’instabilità politica di alcuni paesi, i lunghi controlli alle frontiere, i dazi doganali, le diffidenze tra gli stati tendono ancora a scoraggiare il pieno sviluppo delle comunicazioni terrestri e marittime.
Già oggi gli impatti e le ricadute più ampie che le Nuove Vie della Seta hanno sugli oltre sessanta paesi coinvolti nel progetto, nei prossimi decenni, sono significativi e saranno destinati ad aumentare in futuro man mano che il progetto andrà avanti.
La BRI punta sicuramente a rinsaldare il ruolo che la Cina nel Terzo Millennio è chiamata a compiere, non solo come attore economico per rafforzare la sua indipendenza energetica ma anche come protagonista culturale e politica di prim’ordine nel mondo.
In una prospettiva di lungo periodo l’iniziativa può dare il suo contributo ad una globalizzazione di matrice cinese capace, se non di sostituirsi pienamente, perlomeno di riequilibrare quella statunitense che ha dominato dalla metà del XX secolo ai giorni nostri.
La strategia cinese peraltro consentirebbe anche di stabilizzare la situazione interna del paese più popolato del mondo.
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Galleria fotografica a cura di: Agostino Galimberti, Michela Penati e Michele D’Amelio
Foto di copertina di VENUS MAJOR su Unsplash