«La prima volta nelle tenebre, mio padre mi disse: “Se dobbiamo morire moriremo, se dobbiamo vivere vivremo”.

A casa nostra non avevamo mai cacciato di notte. La carne di foca era diversa, non piaceva ai nostri corpi. La lunga notte era paurosa, incredibile. Non sapevamo cosa fare. Ci scaldavamo solo con la legna, in una baracca che mio padre aveva costruito.

Una volta ci trovammo in grande difficoltà. Cacciavamo con cinque cani, conoscevo anche i loro nomi. Un giorno dopo la caccia erano accucciati a dormire, uno dopo l’altro gli spararono, senza alcuna ragione. Perdemmo tutto, niente con cui cacciare. Tutti i nostri cani uccisi, senza avvertimento, dal poliziotto che si prendeva cura di noi. Non potemmo farci niente».

Queste sono alcune righe contenute nel libro Artico Nero – La Lunga notte dei popoli dei ghiacci di Matteo Meschiari, pagine oscure e rivelatrici come oscuro e rivelatore è il destino che interessa molti dei popoli che abitano sulle sponde del Mar Glaciale Artico.

Un romanzo corale composto da sette storie provenienti da altrettanti luoghi del Grande Nord: il Canada, la Norvegia settentrionale, la Siberia, la Groenlandia, l’Alaska e altri angoli remoti dell’estremo Nord del pianeta. Un’analisi politica e sociale incassata nel modello romanzo-saggio. Un modo nuovo di raccontare e fare antropologia.

Come ha detto lo stesso Meschiari intervistato su queste pagine: «Possiamo guardare l’Artico come una cartina al tornasole del collasso climatico, e possiamo guardarlo come un modello in grado di suggerire delle alternative. Il cacciatore-raccoglitore artico ha vissuto per millenni affrontando situazioni ambientali estreme grazie al mutuo appoggio. Nei tempi bui che ci attendono solo il comportamento prosociale ci salverà dall’uragano che abbiamo innescato».

Al Festival Matteo Meschiari dialogherà con Mohamed Abd El Aziz, ricercatore in Relazioni Internazionali che sta concentrando i suoi studi proprio a quelle latitudini.

giovedi 16 settembre alle ore 18.30