Come colmare la distanza tra animali e consumatori, perché il cambiamento climatico non ha frontiere.

Un incontro con Claudio Pomo, attivista dell’associazione ESSERE ANIMALI, per capire come intervenire al meglio e quali strategie utilizzare per fare informazione e cambiare la percezione e le abitudini dei consumatori, per provare “a salvare il mondo e così rendersi meritevoli di essere salvati”.

CAMBIAMENTI CLIMATICI: far parte della soluzione e non contribuire al problema.

Sappiamo che l’azione dell’uomo esercita un’influenza crescente tra le cause dei cambiamenti climatici e della variazione della temperatura terrestre, con tutte le inevitabili conseguenze che ne derivano.

“E’ necessario innanzitutto sottolineare il fatto che i cambiamenti climatici interessano -ed interesseranno- tutte le regioni del mondo, seppure in modi e forme diverse.

In linea generale ci si può aspettare un’ enorme categoria di conseguenze, quali: scioglimento delle calotte polari e dei ghiacci perenni, aumento del livello dei mari, aumento in frequenza ed in intensità dei fenomeni meteorologici estremi, variazione della distribuzione annuale delle precipitazioni piovose, aumento del rischio idrogeologico e di inondazioni, aumento della siccità ed aumento del rischio incendi, aumento delle ondate di calore con conseguenze sanitarie per la popolazione, variazione nella distribuzione degli habitat animali, estinzione di specie, variazione della distribuzione nevosa, espansione dell’areale di distribuzione di determinate malattie trasmesse dall’acqua e dai vettori di malattie (insetti,…etc.), variazione della produttività agricola e della qualità/capacità nutrizionale”.

In particolare le azioni attraverso le quali ciò avviene sono la combustione di combustibili fossili, la deforestazione e l’allevamento del bestiame: queste attività aggiungono enormi quantità di gas serra a quelle naturalmente presenti nell’atmosfera, incrementando l’effetto serra naturale e determinando così il fenomeno del riscaldamento climatico globale.

ALLEVAMENTI INTENSIVI E VARIAZIONI CLIMATICHE: “cambiare il nostro modo di mangiare non basterà per salvarci, ma non possiamo salvarci senza cambiare il modo di mangiare”.

Nel 2006, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha descritto l’allevamento intensivo come  «… uno dei fattori che maggiormente contribuiscono ai più gravi problemi ambientali attuali».

Gli animali degli allevamenti producono ogni giorno grandi quantità di rifiuti ricchi di azoto e fosforo. Questo fatto può essere di per sé un elemento positivo: le deiezioni di origine animale possono servire da letame e reintegrare il suolo di alcune sostanze nutritive.

Tuttavia, negli allevamenti intensivi, la concentrazione degli animali all’interno di capannoni chiusi significa in genere che i rifiuti sono fortemente concentrati su zone relativamente ristrette. Se questi rifiuti non vengono gestiti ed eliminati correttamente, e ciò accade spesso, finiscono nell’ambiente naturale.

Le emissioni di metano derivanti dalle attività di allevamento, corresponsabili del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, sono più importanti di quanto immaginato finora.

DA DOVE VENGONO LA CARNE , IL LATTE, LE UOVA, IL PESCE CHE MANGIAMO? COME VIVONO E MUOIONO GLI ANIMALI NEGLI ALLEVAMENTI?

C’è un aspetto etico che non può più essere evitato: il trattamento degli animali negli allevamenti intensivi.

Dalle immagini sui prodotti e dalle pubblicità, troppi ancora si immaginano che gli animali utilizzati dall’industria alimentare vivano felici o liberi sui prati. Ma non è così e la realtà di allevamenti e macelli è tutt’altra, come hanno mostrato in questi anni le numerose investigazioni e immagini di giornalisti, volontari di numerose associazioni, tra cui Essere Animali. 

L’invito al Festival delle Geografie è quello alla riflessione, indicando nel dolore degli animali “e soprattutto nella nostra sensibilità verso chi è “inerme” e “senza voce”  il discrimine fra umano e inumano, fra chi accetta senza discutere le condizioni imposte dall’allevamento industriale e chi le mette in discussione.

“Perché se niente importa, non c’è niente da salvare”. (Jonathan Safran Foer)