Perché “l’Italia dei cammini” non sia più solo un semplice slogan è necessario un impegno da parte delle istituzioni a sostegno del mondo del volontariato, che per ora regge da solo il peso del mantenimento dei molti percorsi che attraversano lo Stivale. Ecco quanto emerso dalla nostra chiacchierata con Angela Maria Seracchioli, ideatrice, nel 2004, del primo cammino tematico d’Italia.
Quando nel 2004 ideò la guida “Di qui passò Francesco” – pubblicata da Terre di mezzo Editore, tradotta in 4 lingue – un meraviglioso itinerario (chi scrive può testimoniarlo, ndr) di 18 giorni nel cuore dell’Italia interna, di cammini si parlava poco. C’erano la Via Francigena, ancora in allestimento, e un solo sito in cui alcuni appassionati si scambiavano informazioni soprattutto per andare verso Santiago; era la Spagna infatti il punto di riferimento per chi all’inizio del nuovo millennio voleva riprovare sulla propria pelle cosa significasse essere pellegrini come un tempo e cimentarsi in un lungo itinerario a piedi. Intervistare Angela significa dunque dialogare con una delle figure che hanno dato origine alla riscoperta dei pellegrinaggi in Italia e al ritorno al viaggio a piedi e in bicicletta, fenomeno che ogni anno conta un sempre maggior numero di appassionati.
Iniziamo con lei una serie di approfondimenti in cui ragioneremo sui fenomeni turistici e su alcune interessanti alternative da esplorare lungo la strana estate del 2020.
Angela come si passa dall’essere pellegrini al progettare un cammino?
Non credo nelle coincidenze, niente accade per caso. Nel 2002 mi decisi a dare una svolta alla mia vita e a partire, in inverno, per affrontare il Cammino di Santiago. Avevo reperito alcune informazioni sul sito di Luciano Callegari e avevo acquistato la guida di Terre di Mezzo, mio futuro editore. Poco prima di partire scrissi una mail a Luciano per chiedergli informazioni circa la possibilità di fare una sosta a Lourdes lungo il tragitto ferroviario per arrivare all’inizio del cammino (Saint Jean Pied de Port). Non sono un’amante dei santuari, ma mi sembrava una buona idea prima di avventurarmi. Luciano mi rispose dicendo: “Da sola a Santiago? In inverno? Ti manderò delle mail per tenerti compagnia!”. Da lì nacque la nostra amicizia. Tappa dopo tappa, quando c’era la possibilità, mi infilavo in qualche internet point e trovavo le sue parole ad attendermi.
Lungo il cammino in verità non mi sono mai sentita del tutto sola, avvertivo costante una presenza insieme a me. Quella presenza che ho chiamato “Francesco”. San Francesco per me è l’uomo nuovo, l’uomo della decrescita, della rivoluzione: se il mondo avesse appreso di più dal suo insegnamento non sarebbe ridotto com’è.
Tornata al mio paesello sulle Dolomiti, decisi che dovevo in qualche modo onorare quella compagnia: presi con me le prime biografie di S. Francesco e mi spostai in Umbria con l’intento di camminare alla ricerca dei luoghi che videro le sue gesta.
Nacque allora “Di qui passò Francesco”?
Andai in Umbria con l’intento di camminare traguardando i luoghi francescani. Mi inventai un percorso da La Verna a Spello, ma nemmeno lontanamente pensavo all’ipotesi di scrivere una guida. Luciano Callegari, nel frattempo, mi chiese se avessi scritto un diario della mia esperienza verso Santiago, glielo mandai e lo pubblicò sul suo sito (è ancora lì). Proprio mentre camminavo per i sentieri di Francesco quelli di Terre di Mezzo si misero in contatto con me, avevano letto e apprezzato il mio racconto e desideravano arricchire la loro guida sul Cammino di Santiago con indicazioni per chi volesse affrontare il percorso d’inverno. Al rientro da Spello andai a Milano per discutere della proposta con Terre di Mezzo, mentre chiacchieravamo dissi che mi sarebbe molto piaciuto scrivere anche qualcosa sui cammini in luoghi francescani. Loro ebbero il coraggio di dare fiducia a una perfetta sconosciuta. Tornai in Umbria con un quaderno e delle carte stradali. Nel giro di sette mesi, con pochi mezzi e tanto lavoro, riuscimmo a comporre la prima guida di “Di qui passò Francesco”, un itinerario sui luoghi di Francesco che parte da La Verna e arriva a Poggio Bustone. La svolta che avevo desiderato partendo per Santiago si era quindi concretizzata. Mi trasferii ad Assisi dove aprii un ostello dedicato ai pellegrini. Un ostello che ho gestito per diversi anni e che diventò il centro delle attività legate a questo cammino.
Dopo qualche tempo, nel 2011 è nato “Con le ali ai piedi”…
Visto il buon seguito che subito si creò attorno al cammino sui passi di Francesco, in molti mi dicevano: “perché non continui fino a Roma?”. A me, che sono tendenzialmente anarchica, far giungere il cammino a Roma sembrava uno scontato omaggio al potere. Leggendo una gran quantità di documenti su Francesco mi aveva, però, interessato la sua devozione per l’Arcangelo Michele e decisi di provare quindi a far proseguire il cammino fino a Monte Sant’Angelo, in Puglia, dove in una grotta è presente il santuario a lui dedicato. Ripartii insieme ad una amica, l’itinerario per arrivarci si arricchiva passo dopo passo: l’Aquila, il meraviglioso entroterra abruzzese, borghi unici, i tratturi molisani, la Daunia, per poi finire nel tavoliere delle Puglie e da lì a Monte Sant’Angelo. Cinquecento chilometri dopo sempre Terre di mezzo mi diede la possibilità di pubblicare “Con le ali ai piedi”, 25 tappe sulle tracce di San Francesco e dell’Arcangelo Michele.
Quali sono i punti di forza di questi cammini?
Dalla Toscana fino alla Puglia si incontrano scenari naturalistici unici – dai boschi intorno a La Verna al Gran Sasso, dalle gole di Celano ai promontori del Gargano – e cittadine piene d’arte: San Sepolcro, Città di Castello, Gubbio e via di seguito. Si tratta di percorsi unici, di una varietà straordinaria, che permettono incontri autentici. L’idea del viaggio in cammino è anche quella di condivisione nei luoghi. Spesso nelle accoglienze si cena e si dorme insieme, prima di riprendere il cammino il mattino seguente.
Quindi, cosa manca all’Italia per diventare come la Spagna con la sua rete di cammini verso Santiago?
Anzitutto, spero proprio che i nostri percorsi non facciano mai la fine che ha fatto Santiago, che è diventato una Disneyland del cammino, perdendo molta della sua autenticità. Credo che da noi il problema non si porrà per ragioni geografiche: il Cammino spagnolo è piatto, adatto a tutti, in Italia c’è da far fatica andando su e giù per l’Appennino.
In Spagna, finito il franchismo, si ebbe subito la lungimiranza per richiedere all’UNESCO l’iscrizione del Cammino tra i patrimoni dell’umanità. Oggi forse si tratta di un titolo inflazionato, ma nei primi anni ’80 aveva un peso: per la Spagna significò portare attenzione e risorse in una parte del paese piuttosto arretrata, che senza pellegrini avrebbe visto ancor meno soldi e lavoro.
Da noi, per ora, la politica si è limitata alle parole; mancano i fatti. Attualmente, la maggior parte dei nostri itinerari è tenuto in vita dal volontariato. Ci sono volontari che tagliano l’erba, segnano i sentieri, organizzano le accoglienze, rendono disponibili le loro case per ospitare i pellegrini.
Dirò di più, oltre a non dare un apporto concreto, spesso le istituzioni sono state d’intralcio: hanno litigato per mettere il cappello a iniziative già presenti o per creare dei doppioni, hanno dimenticato promesse e progetti a ogni cambio d’amministrazione. Basti vedere dopo la realizzazione di “Di qui passò Francesco” quante imitazioni sono nate all’interno dello stesso territorio (Francigena di Francesco, Cammino di Assisi, vie di Francesco, ecc), finendo per confondere le idee al malcapitato pellegrino e disperdendo gli sforzi.
Vuole dirci che “2016 anno nazionale dei cammini”, “2019 anno del turismo lento” e neanche un aiuto concreto? Tutta retorica?
La risposta è sì. Non abbiamo ricevuto niente. Avremmo bisogno di un impegno di lungo periodo, costante. Non si possono mantenere percorsi così lunghi e articolati, non si possono gestire i pellegrini, solo attraverso una rete di volontariato o con finanziamenti una tantum.
Ho avuto modo di parlare con il Ministro Franceschini, sono stata convocata da lui per discutere di cammini prima che venisse lanciata l’iniziativa dell’atlante dei cammini (già offline, ndr). Si vedeva che aveva a cuore questa tematica. L’idea dell’atlante era buona, ma è stata gestita male, demandando alle Regioni la rilevazione dei percorsi. Morale della favola ognuno ha fatto di testa sua, favorendo più logiche localistiche che non un vero ragionamento a livello nazionale. Il nostro “Con le ali ai piedi”, che attraversa quattro regioni, e che aveva secondo quanto stabilito dal ministero tutti i requisiti per essere annoverato tra i cammini d’Italia, non compare nemmeno. Compaiono invece cammini minori.
Che tipo di seguito hanno oggi i percorsi che avete proposto?
Basti il dato reso noto dall’ufficio pellegrini di Assisi: lo scorso anno, 2019, attraverso le varie vie che giungono qui, sono arrivati in città più di 10.000 pellegrini. Sono numeri importanti per un contesto come quello italiano e per cammini che sono impegnativi dal punto di vista fisico.
Torno al discorso precedente, con questi numeri è strano che ad Assisi non ci sia nemmeno un ostello dedicato appositamente ai pellegrini. Dentro le mura abitano poco più di trecento persone, la città sta diventando una conchiglia vuota, è pieno di appartamenti in vendita, come in tanti altri borghi d’Italia. Ci vorrebbe una politica seria per il riutilizzo e la valorizzazione di questi spazi.
Si dice da più parti che l’anno della pandemia sarà l’anno in cui il turismo lento e dei borghi andrà per la maggiore. C’è riscontro di questo sul territorio?
Vi garantisco che oggi ad Assisi girano solo pellegrini con lo zaino in spalla, gli altri turisti non sono ancora tornati. Ci sono persone che hanno ripreso a camminare non appena è stato possibile farlo.
Lo abbiamo visto anche a seguito del terremoto che ha colpito molti paesi e comunità del centro Italia toccate da cammini. I pellegrini sono tornati subito a calcare i sentieri. E’ come se questo turismo, che non sporca e non strepita, che passa quasi in sordina, avesse una sensibilità in più. Lo stanno capendo in molti: non è un caso che tra Marche e Abruzzo le comunità che hanno subìto il terremoto del 2016 abbiano in seguito ideato e organizzato il “Cammino delle Terre Mutate”, che proprio a questo pubblico più attento si rivolge.
Per maggiori informazioni sui percorsi e le modalità per intraprendere i cammini sui passi di San Francesco e dell’Arcangelo Michele vi invitiamo a consultare il sito: http://www.diquipassofrancesco.it/
Le immagini presenti nell’articolo sono scattate da alcuni pellegrini e sono state gentilmente concesse da Angela Seracchioli.
Intervista a cura di Alfio Sironi per il Comitato scientifico del Festival.