Confermate le date e il Festival delle Geografie di Villasanta IL LIBRO DEL MONDO. Dal 17 al 20 settembre, in Villa Camperio, le conferenze, presentazioni e dibattiti sul tema scelto per la nuova edizione: Frontiere Limiti e Confini.
Nonostante il tempo difficile che stiamo vivendo e condizioni organizzative complesse a cui andremo incontro, abbiamo deciso di portare in piazza anche nel 2020 il Festival delle Geografie. Abbiamo fatto questa scelta ancor più consapevoli di cosa significhi, in questo momento, poter mettere a disposizione uno spazio di riflessione comune.
Quando avevamo scelto il tema dell’edizione 2020 non sapevamo ancora cosa sarebbe successo al mondo. Non immaginavamo che nuovi limiti e confini si sarebbero aggiunti a quelli che avevamo intenzione di investigare all’interno della nostra rassegna.
Quali siano questi nuovi confini lo richiediamo oggi ad Alfio Sironi, membro del comitato scientifico del Festival, al quale avevamo domandato allora di illustrarci gli argomenti della nuova edizione.

Cosa ci racconta in più oggi il LIBRO DEL MONDO? Quali sono i nuovi limiti del tutto imprevisti con i quali ci troviamo a confrontarci ?
«A prima vista si potrebbe pensare che la pandemia abbia reso inattuale o “superato” il tema del Festival. Invece, guardando oltre la superficie, a noi pare proprio che limiti e confini debbano essere centrali nell’analisi di quanto ci sta capitando.
Hanno riacquistato importanza i confini in senso geografico, lo hanno fatto con quell’ambivalenza tipica dei processi di globalizzazione: con l’arrivo della pandemia l’idea piuttosto statica di un mondo che potevamo guardare e dominare “dall’alto” si è drasticamente ridimensionata; contemporaneamente sono tornati in auge i controlli di frontiera, i confini chiusi, e con loro la richiesta di uno stato-nazione che agisca in modo energico.
Le percezioni legate a categorie come “centro” e “periferia” non sono state più così certe: fino a febbraio non avevamo mai sentito parlare di Wuhan e per due mesi non abbiamo discusso d’altro; la Lombardia che si è sempre percepita come la regione più globalizzata d’Italia si è trovata iscritta nella lista nera di tanti paesi del mondo.
In quest’ultima annotazione ci sono anche nuovi confini di carattere antropologico: per un momento gli “altri” siamo diventati noi. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle l’incertezza dell’incontro, fino ad arrivare a qualche caccia all’untore, con periodiche levate di scudi contro “quelli” della passeggiata, della corsetta al parco e via dicendo. Allo stesso modo, abbiamo sperimentato la separazione dai nostri affetti più cari, un inedito limite che ci siamo dovuti imporre con senso di responsabilità.
Non si può ignorare come il periodo di reclusione forzata abbia portato a galla confini socioeconomici profondi. Basti un esempio tra i più scontati: passare la quarantena in una villa con giardino o in un minuscolo appartamento di periferia ha reso questa stagione estremamente diversa nella percezione di ognuno di noi. Questo è un problema troppo poco discusso e su cui, forse, varrebbe la pena tornare. Le differenze di strumenti, questa volta culturali, si è evidenziata talvolta con la difficoltà a selezionare tra le innumerevoli fonti d’informazione disponibili e, con essa, ad assumere comportamenti adeguati alla situazione.
Sono infine riemersi i temi inerenti i limiti dello sviluppo, il nostro continuo ignorare le leggi dell’ecologia, il nostro rapporto parassitario nei riguardi dell’ambiente naturale. Sappiamo – il numero degli studi al riguardo cresce – che anche questa pandemia trova tra le sue cause la degradazione delle foreste primarie. Il dibattito su come regolare lo sviluppo dovrebbe tornare al centro.
In questa edizione de “Il libro del mondo” pensiamo che ragionare su confini, limiti e frontiere voglia dire anche parlare di alcuni di questi temi. La sensazione generale è che non si stia cogliendo l’occasione di ripensamento del nostro modello di sviluppo come spesso avevamo sentito auspicare durante il cosiddetto lockdown. Le crisi senza un’adeguata cornice interpretativa non producono alcun tipo di avanzamento, lo abbiamo già visto tante volte, l’ultima nel 2007. Noi vorremmo che il Festival, nel suo piccolo, potesse segnare, da questo punto di vista, un momento utile e in controtendenza».

Di seguito rimandiamo alla presentazione intervista del 20 marzo i cui contenuti sono ancora più attuali alla luce degli avvenimenti odierni.
Nei prossimi giorni restate sintonizzati sui nostri canali social e sul nostro sito perché, di settimana in settimana, avremo approfondimenti e anticipazioni dai temi del Festival e altro ancora.